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Gio, Apr

Ci voleva la pandemia perchè il pianeta si ricordasse di Taranto

Ci voleva la pandemia perchè il pianeta si ricordasse di Taranto

Editoriali di Vincenzo Carriero

Piketty e la sua idea di un socialismo del nuovo millennio, la storia dei diritti in bilico e il debito di riconoscenza che il mondo intero ha accumulato con la città pugliese. Si legga Vittorio Foa e il suo ordine gerarchico da attribuire ai segni e ai significati

In epoche di antinomie più o meno pronunciate, i diritti possono apparire un azzardo, un inutile orpello ornamentale. La loro rivendicazione, poi, esercizio vano. Da modernità deleteria. Quasi superati nell’apparente vetustà che sembra avvolgerli. Perché le disuguaglianze, per dirla con le parole di Thomas Piketty, investono più la sfera tecnologica che quella delle opportunità socio-economiche. Con il sostantivo socialismo a ripensare il proprio atto costitutivo, l’essenza ontologica del suo essere – e divenire - ideologia. Aveva ragione Vittorio Foa, nel suo bellissimo libro edito da Einaudi “Scelte di vita”, a voler ricercare i segni prim’ancora che i significati nel nostro derelitto dibattito pubblico. Con i primi costruisci, ricerchi un’identità; con i secondi, invece, scandisci il tempo dei tuoi ragionamenti, fissi i possibili ancoraggi ai quali tendere. Ma i diritti, quelli essenziali, quelli che delimitano il perimetro di ogni convivenza civica, non attendono oltre il consentito la propria concreta tutela e applicazione. Se trascurati, periscono. Si trasformano. Cambiano pelle e senso di marcia. Incistano le democrazie, in maniera irreversibile. L’aver posto la tecnologia come limes tra il giusto e l’irrazionale, tra il positivo e il negativo (sempre che queste espressioni possano avere, sempre e comunque, un significato aprioristico), con una certa idea fallace di futuro a gareggiare con un altrettanto confusa accezione di passato, ha fatto sì che beni immateriali, cioè i diritti, come la tutela della salute e la valorizzazione del lavoro, si eludessero a vicenda. In una sorta di scontro all’arma bianca in fondo al quale nessuno potrà dichiararsi vincitore. La pandemia da Covid-19 ce lo ricorda ad ogni bollettino epidemiologico diramato. La vicenda tarantina, con la salute sacrificata sull’altare di un lavoro anch’esso sacrificato, invisibile e precario, lo testimonia da almeno un decennio a questa parte. L’Italia da febbraio dello scorso anno, il mondo intero, è come fosse una grande Taranto. Ne riecheggia, inascoltato, il suo lamento. La lotta strenua perché l’inalienabilità dei diritti non si smarrisca nella genesi di profitti senz’etica. Degli affari ingordi a digiuno di afflati morali. La vita è ricerca armoniosa, equilibrio possibile, teoria galileiana dei moti: rivoluzionari e non... Se si eclissa la salute, evapora anche il lavoro. E la ricerca dei segni, così cara a Foa, rischia di disperdersi nei suoi stessi significati. Perché la politica – e ogni forma di potere – non si riduca al solo comando ma diventi anche resistenza al comando.