Luigi Capogrosso e Arturo Fabio Riva dovranno corrispondere la somma per i danni causati dall'inquinamento del siderurgico ionico
Gli ex vertici dell’Ilva sono stati condannati in primo grado dal Tribunale civile di Taranto a risarcire il Comune di Taranto e le aziende comunali Amat e Amiu con 12,5 milioni di euro complessivi per i danni causati dall’inquinamento dell’acciaieria al patrimonio e ai mezzi del Comune. Otto milioni sono relativi al danno non patrimoniale: immagine e reputazione della città. Il giudice ha dichiarato la responsabilità di Luigi Capogrosso, ex direttore del siderurgico di Taranto, e di Emilio Riva (ex presidente Ilva scomparso anni addietro) per “le immissioni illecite e inquinanti di polveri prodotte, nell’arco temporale compreso tra il 1995 e il 2014, dallo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto”. Di conseguenza, sono stati condannati “in via solidale” Luigi Capogrosso e Arturo Fabio Riva, quest’ultimo figlio ed erede di Emilio Riva, “a corrispondere le somme risarcitorie, devalutate, rivalutate e maggiorate di interessi legali”.
In particolare, nella sentenza di primo grado il giudice Raffaele Viglione ha disposto che in favore del Comune di Taranto vadano 3.239.615,93 euro, più Iva, a titolo di risarcimento dei danni materiali subiti dal patrimonio immobiliare comunale ubicato nei quartieri città vecchia e Paolo VI; 30.789,96 euro a titolo di ristoro delle spese sopportate per i lavori di manutenzione straordinaria eseguiti sulle coperture dei padiglioni della scuola Gabelli; 662.886,18 euro, più Iva, a titolo di danni materiali riportati dalla strutture scolastiche dei quartieri città vecchia e Paolo VI. Sempre nei confronti dell’ente locale, il giudice ha riconosciuto 189.000,00 euro a titolo di danni da pulizia straordinaria di pozzetti e tubazioni e installazione di un nuovo impianto di raccolta e drenaggio delle acque meteoriche nel cimitero di San Brunone; 8.000.000,00 euro “a titolo di danno non patrimoniale all’immagine, alla reputazione e all’identità storica e culturale della città di Taranto”. Per Amat, l’azienda del trasporto pubblico urbano, il giudice ha riconosciuto 216.513,95 euro a titolo di danni derivanti dai maggiori oneri per ricambi e sostituzioni dei materiali d’uso dei mezzi di trasporto. Mentre in favore di Amiu, l’azienda dell’igiene urbana, il giudice ha riconosciuto 112.655,11 euro a titolo di maggiori costi sopportati per lo svolgimento delle attività di spazzamento e di lavaggio delle strade nei quartieri Tamburi e cittá vecchia; 34.361,58 euro a titolo di danni derivanti dall’implementazione dell’attività di lavaggio stradale; 9.306,72 euro a titolo di danni derivanti dalla dotazione di tute integrali ai dipendenti della stessa Amiu.
Il giudice scrive nella sentenza che “la storia gloriosa e millenaria di Taranto, che l’aveva vista ‘capitale della Magna Grecia’, è stata soppiantata dalla sua storia recente, una cronaca nera fatta di immagini terrorizzanti e record percentuali indesiderati”. Per il magistrato, “la percezione di un territorio tossico e contaminato, finanche nei prodotti alimentari che offre, foriero di danni alla salute e di pericoli per la vita umana, pronto al coprifuoco e soggetto a tempeste di polveri di minerali nei giorni più ventosi di maestrale, incarna la massima lesione possibile dell’immagine di una città trasformata in ‘capitale della diossina’“.
“Un luogo – sottolinea il giudice Viglione – ove il valore stesso dell’esistenza umana appare ridimensionato ed esposto a rischi altrove inaccettabili; l’unicità della conformazione e posizione topografica di Taranto, il suo sorgere gremita tra due mari, le sue ricchezze naturalistiche e le molteplici testimonianze storico-artistiche, archeologiche e architettoniche del suo importante passato, altro non rimangono che brandelli di irrisorie virtù di fronte agli animi di istintiva sopravvivenza che la rappresentazione del suo degrado ambientale muove nel sentire comune”.
(AGI)