Anche a Taranto la ''Cantata dei pastori'' con un grande Peppe Barra

Anche a Taranto la ''Cantata dei pastori'' con un grande Peppe Barra

‪Al Teatro Orfeo una nuova edizione della ''cantata'' che da fine settecento ‬ci parla della nascita di Gesù in chiave popolare e ci fa sorridere



Eh si, è stata una grande serata al Teatro Orfeo di Taranto.

E’ proprio vero che i grandi passano da qui. Come non essere attratti da un grande, immenso Beppe Barra che con Lalla Esposito ha portato in scena un classico napoletano come la famosissima “Cantata dei pastori”. La storia infinita di due napoletani, due morti di fame, Razzullo, scrivano in abiti settecenteschi, capitato in Palestina per il censimento voluto dall’Imperatore Romano, e Sarchiapone, suo compaesano, in fuga per i crimini commessi, mentre Giuseppe e la Vergine Maria vagano in cerca di alloggio per far nascere Gesù.

Sul palco anche una tribù di pastori in attesa del Messia e una turba di diavoli che cercano di spaventare e torturare in tutti i modi i due compagni di disavventura, affamati per tutta la durata della rappresentazione, alla ricerca disperata di un lavoro o di un espediente che permetta loro di mangiare. In scena anche l’Arcangelo Gabriele, (vestito e armato come San Michele), che cerca di proteggere tutti, ricacciare le furie nel buio dell’Inferno e far si che possa nascera, infine, Gesù Bambino.

La prima stampa di questa rappresentazione sacra risale al 1698, in contrapposizione ai rituali del popolino in festa come il Carnevale e il Natale. Dalla metà dell’Ottocento in poi il titolo fu cambiato in quello attuale “ La cantata dei pastori. “ E alla fine del Settecento al povero Razzullo venne affiancato il personaggio di Sarchiapone, che al contrario di Razzullo, non ha paura di nulla, nemmeno dei draghi dell’Inferno: assassino, ladro, gobbo, deforme, maligno, bugiardo. La Cantata, poi, non aveva canzoni ma anno dopo anno il popolo ha arricchito il copione con la farsa, l’avanspettacolo, la commedia dell’arte, il musical. Già nell’ultimo dopoguerra Sarchiapone appariva cantando le canzonette più popolari e la tradizione popolare stravolse a poco a poco quel testo della controriforma, riuscendo così a strapparlo dall’ineluttabile oblio del tempo. “Lo spettacolo andava in scena alla mezzanotte del 24 dicembre. Al popolino, dopo la cena della Vigilia, toccava fare una scelta: a Messa o a Teatro?”

Quella portata a Taranto è un’edizione nuovissima della Cantata. Più di due ore di spettacolo con una scenografia che ti incanta, con le luci perfette, calde, equilibrate, sapientemente misurate scena per scena. Uno spettacolo di professionisti. Che ti incanta e ti fa anche sorridere. Uno spettacolo che Taranto si merita. E tanti applausi anche da parte di chi non ha capito per intero tutte le battute ma è rimasto estasiato da un evento teatrale giocato su quadri infiniti che volevano raccontare una natività in chiave napoletana. Nuove scene, bellissimi i costumi e le musiche, nuovi gli attori e i cantanti, per giocare i loro ruoli con un poliedrico Peppe Barra che declina da cinquant’anni, padrone assoluto della scena, il mitico Razzullo. La grande spalla, poi, è stata Lalla Esposito che ha interpretato un incredibile, perfetto e divertentissimo Sarchiapone. Uno spettacolo che ha saputo mettere al centro i suoni, i colori, la musica, l’atmosfera e la stessa storia della città di Napoli, dove è stato possibile mantenere in vita così a lungo, uno spettacolo così bello ma indefinibile, un vero “unicum teatrale”, tramandato nei secoli. Uno spettacolo, allo stesso tempo, colto e popolare, comico e sacro, profondo e leggero, commovente e divertente per un pubblico di grandi e non. Uno spettacolo all’antica con personaggi coinvolti in una girandola di travestimenti che diverte il pubblico e spaventa i due protagonisti morti di fame.

Abbiamo raggiunto nel camerino Beppe Barra pochi minuti prima dello spettacolo. Ci ha concesso pochi secondi interminabili. Fresco di trucco, pronto e concentrato per l’inizio dello spettacolo ci ha parlato con semplicità, ci ha accolto con affetto, ci ha trattato con attenzione. Abbiamo augurato … tanta merda… e Lui: “ grazie, grazie, ma lo sapete perché si augura tanta merda in occasione di uno spettacolo teatrale? E’ una frase augurale che risale alla fine del diciassettesimo secolo quando la gente si recava alle prime teatrali in carrozza. Gli escrementi, lasciati dai cavalli sulle strade o sulle piazze davanti al teatro, indicavano il numero delle persone accorse: se le cacche erano tante, significava la presenza di molte carrozze, di moltissima gente e dunque erano testimonianze di uno spettacolo di successo di pubblico. All’epoca andare a teatro era un lusso di aristocratici e borghesi, non era un passatempo per tutti. Augurarsi che ci fosse tanta merda significava avere un pubblico pagante in sala, culturalmente preparato e numeroso. Di conseguenza lo spettacolo sarebbe stato di successo e di altissima qualità. Perciò… tanta merda!”


Nella foto di Monica Iacca © in esclusiva per Cosmopolis: Beppe Barra (Razzullo) e Lalla Esposito (Sarchiapone)