L'interessante monito lanciato dall'ex ministro socialista, Rino Formica, per salvare quel che resta delle nostre sgangherate democrazie. Il suo appello affinché un sussulto di dignità colpisca il giornalista non collettivo. Uno spazio esiste. Si rilegga Conrad e la sua idea di uomo virile
Urge un’offensiva democratica. Da parte della libera informazione. Altrimenti avanzerà un futuro buio per la nostra democrazia. Un lento – e progressivo – deterioramento verso il dinamismo inconcludente e penalizzante. L’ex ministro socialista Rino Formica, lucido e sagace, va letto sempre con grande interesse. Per una serie di ragioni. Perché dice prima quello che tutti gli altri capiranno molto dopo. Perché colora le proprie analisi, mai banali, con sfumature color pastello. Perché non cerca l’applauso a tutti i costi, non scivola nel trash narcisistico che ha via via instupidito - e annullato – sempre più lo spirito critico delle società coeve. Perché il suo riformismo che è molto più della mera prassi politica, del gioco degli opposti che di volta in volta lo hanno visto posizionato dall’altra parte del campo rispetto alle (finte) rivoluzioni e ai bigotti conservatorismi, aggancia l’avvenire col guizzo del pensiero mobile. Mai domo. Frenetico. Come certi funamboli sospesi nello spazio senza rete, senza protezioni (e senza tempo). Offensiva democratica, quindi. Promossa, tra l’altro, dalla libera informazione. Per impedire che il peggio avanzi petto in fuori, a grandi falcate, verso la meta dell’indicibile. Che le nostre democrazie si sfaldino in maniera definitiva, e irrimediabile, sotto gli scandali che non fanno più scandalo. Negli involucri nuovi di storie vecchie. Bene. Benissimo. Proposito interessante, quello di Formica. Puntuale. Intelligente. Peccato che, allo stato attuale, la sua effettiva realizzazione sia poco meno – o poco più - che un miraggio. Un proposito, insomma, ai limiti dell’impraticabilità. Libera informazione è un’espressione nobile con una parola di troppo, nella stragrande maggioranza dei casi. Il giornalista collettivo ha sostituito quasi del tutto le anime erranti della verità senza padroni e di lunghe – e faticose - peregrinazioni. Di Mino Pecorelli, come ripetuto l’altra sera nel corso di un dibattito tenuto assieme alla collega Raffaella Fanelli, se ne trovano sempre meno in giro. Combattuti oggi, più che ieri, non solo dalle minacce fisiche di un potere che non vuole che lo si guardi in faccia, dall’incolumità personale messa in pericolo, ma dalla coltre ispessita dell’isolamento calunnioso. Del dileggio permanente. Del fuoco, sovente amico, appiccicatoci addosso. Dell’oblio pruriginoso che rende diversamente omicidi i suoi solerti esecutori. Sbaglia chi considera la cancel culture, l’ultima dabbenaggine fatta accomodare attorno al tavolo di una contemporaneità involuta, come semplice ostracismo verso storia e simboli della nostra civiltà. Assieme ad un uso disinvolto – e senza regole – dei social media, la cancel culture mira a cancellare i partigiani della libertà. Gli ultimi renitenti al cazzeggio senza vergogna dei luoghi comuni. Allo scadimento della ragione in opportunità poco coltivata. “La virilità – scrive Asor Rosa in un bellissimo saggio sulla figura di Joseph Conrad -, sul confine incombente e minaccioso della sua scomparsa, consiste nel tener fede eroicamente al rigore di una missione senza scopo né contenuto”. Il punto è proprio questo: alla libera informazione, caro Formica, quanto piace l’uomo virile? Nel senso, bene inteso, attribuito a questa espressione dall’ideatore di “Cuore di tenebra” e “La linea d’ombra”.