Draghi di fuoco

Draghi di fuoco

Sull'ex Ilva anche l'attuale premier è una delusione. Il suo vaticinio ha eclissato un'idea certa di futuro. Errore imperdonabile per chi è stato allievo di Federico Caffè. Siamo alla telenovela malmostosa. E tutti vissero infelici e decarbonizzati

 

Rilanciare l'ex Ilva per farne, di nuovo, un impianto competitivo. Di livello europeo. Strategico per le sorti del Paese. Mancava soltanto il premier Draghi all'infinito - e ballerino - elenco di chi, in tutti questi anni, si è speso nell'esercizio retorico delle parole sganciate dai fatti. Delle promesse volate via un secondo dopo averle dispensate. Dell'italico: vorrei ma non posso. Il Drago di Fuoco, per l'oroscopo cinese, spesso brucia d’insaziabili ambizioni personali, è irascibile e scortese, incapace di venire a patti con l’imperfezione di qualcuno. Ama generalizzare troppo, ha fretta di trarre conclusioni ed etichettare le persone, senza nemmeno lasciarle parlare. Nel caso di specie, quello tarantino, quello di un Mezzogiorno trasformatosi nel frattempo in Mezzo-notte, il Draghi di fuoco è soltanto un premier che non sa cosa fare sull'industria siderurgica più grande e disgraziata d'Europa. Al pari dei suoi predecessori. Di quanti hanno immolato Taranto ad un avvenire schiacciato su un presente posticcio. Dossier su dossier senza cavarne un ragno dal buco. Piani Industriali che non si conoscono perché mai, nei fatti, sono stati realmente realizzati. Piani Ambientali passati a miglior vita. Suggestioni inerenti la decarbonizzazioni riproposte, come d'incanto, all'approssimarsi di una qualsiasi campagna elettorale. Chiacchiere e distintivo, insomma. E poco altro. L'attuale presidente del Consiglio raccoglie la mia ammirazione sincera. Lo considero tre, quattro spanne sopra ad un Conte o un Renzi qualsiasi. Ha conoscenze economiche costruite alla scuola riformista di Federico Caffè. Buone relazioni internazionali rinvenenti dai tempi della presidenza a Francoforte della Bce. Non è uno statista, però. Non conosce i linguaggi della strada; non è allenato ad intercettare gli umori profondi di un popolo. Non ha mai frequentato un partito, quelli di un tempo, luoghi epici della pedagogia politica e democratica. La sua esperienza a palazzo Chigi sarà ricordata in maniera positiva. Su diversi aspetti. Tanti tranne uno. Sull'impianto siderurgico tarantino è una delusione. Sceglie, anch'egli, di elevare la decisione alla non decisione. Racchiudendo l'attesa nell'eterno sulfureo delle partite a somma zero, dove a vincere alla fine è lo sconfitto. La gente di Taranto. Mancava soltanto il Draghi di fuoco a questa malmostosa telenovela...